Thursday, June 12, 2025

La chiesa di Sant’Orsola nelle “Rocchecelle” di Termini Imerese

Cefalunews , 13 giugno 2021

La chiesa di Sant'Orsola di Termini Imerese, arroccata su un dislivello roccioso, nel quartiere un tempo denominato “delli balati” dall'arabo balat (pietra levigata, lastra), esisteva già nella seconda metà del XV sec.  La data di fondazione dell'edificio di culto non è sin'ora documentata. La più antica testimonianza è data da un atto notarile del 1498, nel quale il luogo di culto è citato tra quelli esistenti nella cittadina e negli immediati dintorni.

Il rogito predetto redatto dal notaio di Termini Imerese, Antonio De Michele, pur non essendo oggi più reperibile, è attestato dal sac. Giuseppe Arrigo nel suo saggio: “Della chiesa, della Comunia e della Collegiata di Termini Imerese”, pubblicato nel 1911 a Palermo sulla rivista Sicilia Sacra, diretta dal sac. Luigi Boglino (1850 -1917).

L'aspetto attuale della costruzione non riproduce più l'originaria struttura architettonica per le modifiche avvenute nel corso dei secoli e conclusesi definitivamente verso la metà del XVIII sec.

L'edificio sacro, con gli arredi artistici al suo interno, rappresenta indubbiamente una delle innumerevoli e preziose testimonianze a Termini Imerese del tardo Barocco siciliano.

L'antica Chiesa di Sant'Orsola fu edificata su salda roccia, nel quartiere denominato nella seconda metà del XV sec. a ragione, con il toponimo “Rucchiceddi” (Rocchecelle) cioè piccole rocche in cui gran parte delle abitazioni del rione, compresa anche la Chiesa dell'Annunziata vi ricadono.

Percorrendo il quartiere Rocchecelle, popolarmente soprannominato “i rocchi” ovvero (le rocche), si osserva qua e là la presenza di affioramenti più o meno grandi dell'onnipresente roccia sulla quale sono costruiti la maggior parte degli edifici, tanto che all'interno di molte abitazioni si vede ancor oggi far capolino qualche spuntone roccioso.

E' da rimarcare che nel settore a valle tra Sant'Orsola e l'Annunziata, ancora nel XVI sec., si estendevano ampi spazi verdi chiamati Xilbe, veri e propri giardini o orti in area urbana.

La Chiesa di Sant'Orsola, ingloba una delle torri di difesa poste nelle mura che si snodavano lungo il perimetro della città in età Repubblicana e nel Medioevo anche se la sua struttura è ancora riconoscibile.

La torre, detta dei Saccàri (1) prende il nome dall'arabo Sakhra “rocca” e svolse la sua funzione difensiva fino al 1338 anno in cui la città di Termini Imerese fu distrutta dall'esercito angioino, mentre alla fine del Trecento con la ricostruzione della cinta muraria ampliata in direzione del mare, perse del tutto questa prerogativa.

La struttura chiesastica oltre ad inglobare la menzionata torre civica di difesa, ritenuta per tradizione di epoca ellenistica romana anche se attualmente le strutture visibili sono riferibili al tardo Medioevo, ha la peculiarità di essere un edificio costituito da due chiese sovrapposte.

La chiesetta inferiore edificata sulla roccia è documentata sin dal XV sec., di dimensioni più modeste si presenta ad aula unica e vi si accedeva anticamente dal quartiere Rocchecelle.

L'altra, quella superiore, innalzata agli inizi del XVI sec. ampliata nel Seicento e affrescata nel Settecento, si presenta a pianta rettangolare coperta da una volta a botte e con cappelle laterali intercomunicanti, tre per ogni navatella. La chiesa superiore è collegata con l'inferiore per mezzo di una scala alla quale si accede attraverso un portello.

Il prospetto di Sant'Orsola, sito nell'omonima via, in stile puramente neoclassico e conci in calcarenite, risulta mutilo nella parte superiore. La struttura architettonica religiosa fu la sede della Compagnia di Sant'Orsola o dell'Orazione della morte, denominata anche dei Neri o dei Negri, per il colore dell'abitino che indossavano gli appartenenti.

La Compagnia fondata a Termini il giorno 6 febbraio 1569, fu come per le altre, diffusa nel resto dell'Italia, iscritte alla sede di Roma il cui anno di fondazione risaliva al 1538.

Il compito di questa benemerita Congregazione fu, oltre alle raccolte delle elemosine per le funzioni religiose in suffragio dei confrati defunti e la tumulazione degli stessi nella suddetta chiesa, anche quello del sostentamento per le vedove e gli orfani in caso di premorte degli appartenenti alla Confraternita.

Per volontà della stessa, nel 1796, si decise inoltre che i corpi mummificati, dei confrati defunti, attraverso un complesso processo di conservazione atti a preservarli nel tempo, fossero collocati nella chiesa inferiore che avrebbe assunto in questo modo il carattere di catacomba; l'ambiente adibito a sepoltura, trovasi nella zona sottostante l'abside.

Nel 1660 la Compagnia dei Neri per l'intervento del sac. Ignazio Barracato e la concessione del frate agostiniano senese, Ambrogio Landucci, ottennero la traslazione a Termini Imerese delle reliquie di Sant'Orsola, i cui resti giacevano custoditi nel cimitero Saturnino di Roma.

L'edificio sacro, racchiude nel suo interno preziose testimonianze d'arte: stucchi, dorature, affreschi, dipinti policromi, reliquiari, iscrizioni funerarie e acquasantiere. Gli affreschi del coro e della navata centrale unitamente alle tele che arricchiscono l'edificio sacro, sono le raffigurazioni di maggiore pregio. I valenti artisti che resero alla chiesa di Sant'Orsola la loro opera espressiva furono: il palermitano Rosario Vesco (Palermo 1714, Termini Imerese 1767) noto per aver affrescato la volta e parte dell'abside con scene pittoriche. Don Alessio Geraci, pittore e decoratore, allievo di Vito D'Anna da cui imparò i segreti dell'affresco.

In occasione del ciclo delle conferenze dedicate a Giuseppe Patiri (1846 - 1917) si svolgerà in diretta streaming, dalla pagina Facebook di Cefalùnews (giovedì 17 giugno 2021 alle ore 18.00), il 13° incontro di conferenze a tema dal titolo: “Salvaguardia e fruizione della Chiesa di Sant'Orsola in Termini Imerese”.

Introduce e modera:

Prof. Mario Macaluso  (Giornalista, Direttore di Cefalunews)

 Interventi:

Prof. Umberto Balistreri  (Presidente ISSPE)

La Compagnia dei Neri e la Chiesa di Sant'Orsola di Termini Imerese

Don Enrico Campino  (Parroco, Santuario Madonna della Consolazione)

La Chiesa di Sant'Orsola oggi 

Prof.ssa Rosa Lo Bianco  (Presidente dell'Archeoclub d'Italia “Himera”, sede di Termini Imerese)

Le chiese nel territorio termitano da valorizzare

Christian Pancaro  (Storico)

Le Compagnie dei Bianchi e dei Neri in Sicilia e a Termini Imerese

Nota:

(1)  « Circa questo medesimo tempo, ci dice il Solito, fu fabbricato il tempio dedicato alla gloriosa S. Ursula, hoggi abbellito alla moderna, a cui vi è aggiunta la devozione delle Sante anime del Purgatorio, a lato della torre di guardia, che si chiamava anticamente delli Saccari: sopra il porto antico ».

Vi si notano:  Un San Benedetto Abbate che risuscita un monaco dello stesso ordine. Opera di Mattia Preti detto il Cavalier Calabrese.  Due altre tele dipinte da Tommaso Pollaci, del 1782  (da Rocco Cusimano, Brevi cenni di storia termitana).

Bibliografia e sitografia:

Rocco CusimanoBrevi cenni di storia termitana , Palermo 1926.

Vincenzo SolitoTermini Imerese posta in teatro , Bologna, Forni, 1974.

Antonio Contino  -  Salvatore Mantia  La chiesa di S.Orsola e le Rocchecelle a Termini Imerese , GASM, 2001

Giuseppe Longo  2010, Sant'Orsola in Termini , 31 ottobre, Palermo

Giuseppe Longo  2011, La Compagnia dei Neri nella chiesa di Sant'Orsola , Madonielive, 17 giugno.

https://carnevaledipalermo.blogspot.com/2025/ (Ciclo delle conferenze dedicate a Giuseppe Patiri 13º incontro). 

Foto a corredo dell'articolo

Prospetto della chiesa di Sant'Orsola Vergine e Martire (Termini Imerese, sec. XVIII).  Ph. Francesco La Mantia.

Giuseppe Longo

https://cefalunews.org/

Thursday, January 23, 2025

Una freccia ci parla della battaglia di Himera del 480 a.C.

Cefalunews , 23 gennaio 2017

Negli anni compresi tra il 2008 e il 2010, durante i lavori di scavo per il raddoppio ferroviario della linea Palermo - Messina, condotti da Italferr, Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e il general contractor Cefalù 20 scarl esattamente nella tratta Fiumetorto-Ogliastrillo, furono riportati alla luce circa 9.500 tombe greche risalenti al V-VI sec. a.C. 

L'area di scavo, localizzata in località Buonfornello, a circa dieci chilometri a est dell'odierna Termini Imerese, interessò le adiacenze della necropoli settentrionale dell'antica colonia greca di Himera, quest'ultima, già in parte nota e indagata dagli archeologi. Tuttavia, essa non fu la sola necropoli a esistere nel territorio dell'antica Himera, ce ne furono altre: quella a oriente localizzata in Contrada Pistavecchia, sulla sponda destra del fiume Imera settentrionale, e situata oggi nel territorio comunale di Campofelice di Roccella; quella occidentale, posta nei declivi di Piano Tamburino (VI-V sec.) e infine quella situata a Mezzogiorno, posta nelle adiacenze di Cozzo Scacciapidocchi, (V sec.). 

Pertanto, allo stato attuale, esse rappresentano le aree cimiteriali dell'antica colonia dorico-calcidese. Per l'eccezionale numero di sepolture rinvenute nella piana di Buonfornello, si trattò senza altro, di una grandiosa scoperta. 

Infatti, a detta dagli esperti della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo che allora coadiuvarono i lavori, tale ritrovamento, rappresentò quasi certamente un caso unico nella storia dell'archeologia: la più grande necropoli mai rinvenuta in tutta la Sicilia. Attraverso i reperti recuperati, una vera miniera di dati, gli studiosi potranno gettare nuova luce non soltanto sullo studio socio-economico e culturale di Himera, ma anche sui costumi funerari delle colonie siceliote in epoca arcaica e classica. 

La città Stato di Himera fu la più occidentale delle colonie greche posta sulla costa settentrionale della Sicilia, l'ultimo avamposto greco in Occidente. Fu fondata intorno alla metà del VII secolo a.C. e morfologicamente si presentava separata in due parti da un dislivello molto scosceso: la parte bassa e la parte alta della città, tanto da essere stata definita dal drammaturgo Ateniese Èschilo, “Himera dagli alti dirupi”.

L'antica Himera, rappresenta un sito archeologico di grande interesse storico per essere stata sede di due importanti scontri tra greci e cartaginesi. Infatti, proprio a Himera nel 480 aC fu combattuta una delle più sanguinose battaglie del mondo antico che vide di fronte gli eserciti greci di Gelone di Siracusa, Terone di Agrigento e le truppe Imeresi, contro i Cartaginesi di Amilcare Barca. Nello scontro, i greci ottennero una schiacciante vittoria e Amilcare vi trovò la morte. Settant'anni dopo ossia nel 409 a.C. il cartaginese Annibale Giscone, nipote di Amilcare, al seguito di un potente esercito, pose nuovamente sotto assedio Himera, e dopo averla invasa e saccheggiata, si ritirò soltanto dopo averla totalmente distrutta. Himera da allora non fu più ricostruita ei sopravvissuti trovarono asilo nella vicina città di Termini. 

Al di là del sensazionale ritrovamento, un evento questo, che ha ridestato l'attenzione di ricercatori e scienziati di tutto il mondo, mi preme segnalazione qui un originale studio condotto dal Dr. Aldo Ferruggia (1) in merito allo scheletro del guerriero sicelioto morto nella battaglia del 480 aC e rinvenuto per l'appunto a Himera, durante gli scavi effettuati nel biennio 2008-2010, a settentrione della Piana di Buonfornello. 

Il medico Ferruggia, appassionato di storia antica e autore del libro “Le guerre senza nome” 2014 (Neos Edizioni), ha condotto attraverso le immagini fotografiche da lui raccolte, una succinta analisi medico-legale dello scheletro rivenuto nella tomba di Himera e denominata dagli archeologi, con la sigla W2219. In realtà, il soldato greco perì in una circostanza drammatica, poiché la freccia, scoccata dal suo avversario (guerriero punico, soldato della coalizione, o mercenario al soldato dei cartaginesi)? durante la fase della battaglia, lo colpì, e quasi certamente, non avendo avuto egli un'adeguata corazza di protezione, il dardo lanciatogli, gli attraversò le parti molli dell'addome andandosi a conficcare tra due vertebre. Abbiamo rivolto al Dr. Ferruggia alcune domande sulle forze in campo durante la Prima Battaglia di Imera del 480 a.C. e in particolar modo di parlarci del suo singolo studio per così dire “balistico” dell'arma mortale che vide perire l'ignoto guerriero greco. 

Certamente attraverso quanto è stato detto il lettore potrà idealmente immaginare gli eventi letali che coinvolsero altri sconosciuti soldati di ambo le fazioni, deceduti in combattimento in circostanze analoghe, o mediante armi da taglio o fendenti che determinano loro, lesioni, sia agli ossi cranici sia in varie parti del corpo.

Dottor Ferruggia, nel 2008 durante gli scavi archeologici effettuati nella necropoli occidentale di Himera, la Soprintendenza, è rinvenuto in diverse fosse comuni resti scheletrici, probabilmente soldati greci, morti durante le fasi della battaglia di Himera del 480 a.C. Secondo lei è ipotizzabile attraverso le analisi scientifiche dei corpi risalire ai reparti di appartenenza e la provenienza dei soldati?

I soldati sono tutti allineati in direzione est-ovest, con la testa al sorgere del sole, senza altri elementi che possano chiaramente definirne il reparto di appartenenza. Ma vi è un'eccezione: in alcune fosse, vicino ai cadaveri umani, sono stati ritrovati anche interi scheletri di cavalli. In questo caso, quindi, è lecito immaginare che i soldati vicini fossero cavalieri. Questo inoltre confermerebbe l'importanza che ebbe la cavalleria greca nel vincere la battaglia e nell'uccidere il generale cartaginese.

I soldati sepolti nelle fosse comuni presentano segni particolari per i quali si possa accertarne le eventuali cause di morte?

In alcuni casi è possibile: alcuni presentano ancora oggi i segni ossei di armi da taglio, altri avevano ancora al momento dell'inumazione all'interno del corpo le punte di freccia o di lancia che li avevano colpiti: queste armi furono ritrovate tra le ossa al momento della scoperta, dopo 2500 anni.



Tra gli scheletri dei guerrieri rinvenuti nella tomba W2219 perché lei ha scelto di occuparsi proprio dei resti del corpo del soldato che contiene la punta di freccia tra due vertebre?

Perché l'angolo di entrata è particolare e, essendo io medico, ho tentato una succinta analisi medico-legale. Sebbene io non abbia potuto analizzare direttamente il repertorio, dalle fotografie si evince che la freccia si sia incuneata tra due vertebre finali della colonna toracica o tra le prime di quella lombare. L'arciere che scagliò la freccia non si trovava davanti al soldato, ma di lato, alla sua destra. Infine, cosa intrigante, la freccia sembra essere entrata seguendo una traiettoria quasi perpendicolare alla colonna. Questo, tenendo in conto le normali traiettorie delle frecce, significa che:

a) o l'arciere si trovava più un basso rispetto al soldato colpito (a cavallo o sopra una muraglia);

b) oppure che il corpo del soldato mostrava il fianco da terra ad una freccia vagante, che cadeva quasi dallo zenit. In questo caso era già stato colpito e forse era già morto quando la freccia lo raggiunse.

Secondo la sua opinione, il soldato della tomba W2219 era un componente della falange oplitica o apparteneva all'arma di cavalleria?

Il soldato è stato sepolto da solo, non in una fossa comune e questo più facilmente lo fa annoverare tra i caduti originari della stessa Himera: difficilmente, infatti i suoi parenti, presenti alla inumazione, avrebbero permesso di collocarlo in mezzo a sconosciuti, come invece deve essere successo per la quasi totalità degli Agrigentini e Siracusani. Altro non si può dire.

Dottor Ferruggia, un'ultima domanda: durante la battaglia di Imera quali erano le forze nel campo della coalizione greca?

Parlare di “coalizione greca” può essere fuorviante: nel mio libro utilizzando un intero paragrafo per spiegare quale fosse il complicato scenario di alleanze che fece da preludio alla battaglia: da una parte vi era una coalizione completamente greca, capeggiata dai Siracusani e dagli Agrigentini, coalizione a cui avevano aderito gran parte degli Imeresi. A questi si opponeva una coalizione capeggiata da Cartagine, città elima come Segesta, e fenicia come Palermo, ma anche città greche come Messina, Reggio e, soprattutto, Selinunte. Non quindi un ”Greco contro tutti” ma anche una lotta fratricida all'interno dello stesso mondo greco d'Occidente. Circa lo schieramento esclusivamente greco possiamo dire che ad Himera, in quella mattina del 480 a.C. ci fossero non meno di ventimila Siracusani, diecimila Agrigentini e circa cinquemila Imeresi. Un esercito enorme per l'epoca storica, ma ancora più grosso doveva essere l'esercito capeggiato da Cartagine!

Nota:

(1) Aldo Ferruggia, è nato a Palermo nel 1966; diplomato al Liceo Classico, ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1994. Si appassiona alla storia antica davanti alle rovine del tempio “G” di Selinunte. Crea la voce di Wikipedia Italia, Guerre Greco-Puniche e Greek Punic Wars nella versione inglese. Viene incoraggiato dallo storico Michele A. Crociata a pubblicare la sua opera prima, “Le guerre senza nome” (Neos Edizioni) pubblicata nel luglio 2014. Per la sua stesura è stato necessario un certosino lavoro di ricerca nelle fonti antiche e nelle pubblicazioni dei maggiori esperti del settore.

Testi consultati da Aldo Ferruggia: 

Stefano Vassallo “Imera. Indagini nelle necropoli” in Fondazione Paestum Tekmeria 9 Università degli Studi di Salerno Dipartimento di Beni Culturali. Tra Etruria, Lazio e Magna Grecia: indagini sulle necropoli. Atti dell'Incontro di Studio Fisciano, 5-6 marzo 2009; Stefano Vassallo (2010) “La battaglia di Himera”.

Bibliografia e sitografia:

Giuseppe Longo  2011, Himera avamposto greco in Occidente, MadonieLive, 28 ottobre.

Aldo Ferruggia ,  Le guerre senza nome - l'epico scontro tra Greci e Cartaginesi, pagg. 272, NEOS Edizioni, 2014.

Giuseppe Longo  2015, Le battaglie di Imera del 480 e 409 a.C. Cefalunews, 19 marzo.

Aldo Ferruggia , Il guerriero della tomba W2219,  v. 1.0 - Aldo Ferruggia, settembre 2015.

Foto di copertina:  Ricostruzione grafica del settore greco durante la battaglia di Himera del 480 a.C.

Foto a corredo dell'articolo:

Ricostruzione grafica di un guerriero iberico (coalizione punica) colpito durante la battaglia di Himera del 480 a.C.

Ricostruzione dei rapporti fra la freccia e la colonna del soldato greco della tomba W2219. In alto a destra il repertorio archeologico.

Si ringrazia il Dr. Ferruggia per le costruzioni grafiche di cui blocca tutti i diritti.

Giuseppe Longo

https://madonielive.com/

La chiesa di Sant’Orsola nelle “Rocchecelle” di Termini Imerese

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